Il blog degli amici di Radio hernica

Sunday, March 14, 2021

LA VOCE DELLA VERITA'. POLANO VS APPELIUS, PODCAST CON VINDICE LECIS


 UN NUOVO PODCAST DI RADIO HERNICA.

Alle 20.20 del 6 ottobre 1941 una misteriosa voce antifascista si inseriva nel commento ai fatti del giorno di Mario Appelius trasmesso dalle stazioni EIAR. Per tre anni lo "spettro", cosi venne chiamata questa misteriosa voce, costituì una spina nel fianco nelle trasmissioni di propaganda fascista. Solo nel dopoguerra si è venuto a conoscenza della vera identità dello "spettro". Il suo nome era Luigi Polano e la missione di disturbo delle trasmissioni di Appelius gli era affidata direttamente da Palmiro Togliatti. Lo scrittore Vindice Lecis ha raccontato questa storia in un libro e questa sera, nella stessa ora di apparizione dello "spettro" sulle onde dell'EIAR, potrai ascoltare questa storia dalla sua voce. BUON ASCOLTO!


 

 A NEW RADIO HERNICA PODCAST.

At 8.20 pm on 6 October 1941 a mysterious anti-fascist voice entered the commentary on the events of the day by Mario Appelius broadcast by the EIAR stations. For three years the "specter", as this mysterious voice was called, was a thorn in the side of fascist propaganda broadcasts. Only after the war did we learn of the true identity of the "specter". His name was Luigi Polano and the jamming mission of Appelius' broadcasts had been entrusted to him directly by Palmiro Togliatti. Writer Vindice Lecis told this story in a book and tonight, at the same time as the "ghost" appears on the waves of the EIAR, you can hear this story from his voice. GOOD LISTENING!


Saturday, March 06, 2021

SANREMO 2021, LA RIVINCITA DEL (SOFT) ROCK



Il rock non ha mai avuto grande fortuna a Sanremo. Non moltissimi i brani del genere presentati e quasi sempre relegati nella parte bassa delle classifiche. La "vita spericolata" di Vasco Rossi è un esempio da manuale con il penultimo posto al Festival del 1983 e un milione di copie vendute nei giorni successivi, con la vincitrice di quell'anno, Tiziana Rivale, ben presto scomparsa dal mondo della canzone. Spesso si è parlato, facendo un azzardato paragone con la politica, di un distacco dalla sensibilità e dai gusti del paese reale, in realtà organizzatori, case discografiche e addetti ai lavori in genere, hanno sempre cercato di assecondare più che altro l'evento televisivo puntando   sull'usato sicuro e proponendo prodotti musicali piuttosto convenzionali. Le grandi star sono diventate il contorno, lo specchietto per le allodole per attirare il pubblico tra una canzone in gara e l'altra. Sono ben lontani gli anni nei quali personaggi del calibro di Stevie Wonder, Jose Feliciano e Paul Anka si cimentavano in gara cantando nel loro improbabile italiano. Le innovazioni in campo musicale sono quindi avvenute altrove e il Festival si è caratterizzato sempre di più come un contenitore televisivo di successo con la capacità di attrarre cospicue sponsorizzazioni. Negli ultimi anni questa funzione di selezione dal basso è stata invece svolta dai talent show alla x-factor e non a caso molti dei personaggi che calcano il palco dell'Ariston provengono da questa esperienza. Forse proprio per questo motivo negli ultimi anni c'è stato un riavvicinamento tra le proposte del Festival, le sue classifiche e i gusti musicali della gente che ormai si misurano in click sui video pubblicati sulle numerose piattaforme di streaming. I 173 milioni di visualizzazioni di "Soldi" di Mahmood, vincitore dello scorso anno, ne sono la prova. Difficile ripetere questo exploit per i Maneskin, vincitori di quest'anno con "Zitti e buoni", ma il gruppo rock romano è sulla buona strada e hanno già scritto un pezzo di storia della canzone vincendo Sanremo affrontando un genere musicale sempre negletto in tale contesto. Ce l’hanno fatta, a quasi 40 anni dal Vasco Rossi relegato agli ultimi posti, ma ce l’hanno fatta. Ormai il rock di innovativo ha ben poco, i classici vengo eseguiti in sale da concerto dove magari la sera prima hanno eseguito la settima di Bruckner, la tecnica musicale è codificata e oggetto di studio nei conservatori, ma per il festival di Sanremo è una rivoluzione, parola abusata ma che rende l’idea dello strappo con il passato. Dopo 40 anni finalmente vediamo un po' vita sul palco dell’Ariston ed è una vita decisamente più spericolata, anche se non ci troviamo precisamente a Woodstock.

ONDE FASCISTE - RADIO ARABA DI BARI 1934-43 INTERVISTA AD ARTURO MARZANO


RADIO HERNICA HA PRODOTTO UN NUOVO, INTERESSANTE PODCAST, QUESTA VOLTA ANCHE IN VERSIONE VIDEO, CON LE IMMAGINI D'EPOCA DEI PROTAGONISTI DELLA VICENDA DELLA RADIO ARABA DI BARI RICOSTRUITA DAL PROF. ARTURO MARZANO.

Tra il 1934 e il 1943 l'EIAR destinò una cospicua parte della propria programmazione a trasmissioni di propaganda in lingua araba destinate ad orientare favorevolmente l'opinione pubblica araba e mediorientale nei confronti dell'Italia e del regime fascista. L'obbiettivo politico fallì miseramente a causa della scarsa qualità dell'informazione proposta, mentre le rubriche della sezione culturale della programmazione che era curata dall'intellettuale Enrico Nunè suscitarono vasto interesse e apprezzamento. Con l'8 settembre 1943 anche Radio Bari rimane senza direttive e cessa le trasmissioni per qualche giorno. Con l'arrivo degli Alleati Radio Bari riprenderà le trasmissioni, questa volta a favore delle forze democratiche e della Resistenza. Alla storia della radio araba di Bari il Prof. Arturo Marzano, ricercatore dell'Università di Pisa, ha dedicato un corposo saggio pubblicato da Carocci editore, che ricostruisce minuziosamente le vicende politiche, culturali e umane che hanno caratterizzato i nove anni di vita dell'emittente. Intervistato da Francesco Cecconi il prof. Marzano ha raccontato questa vicenda per gli ascoltatori di Radio Hernica.


RADICI: LA CULTURA TALIAN NEL BRASILE MERIDIONALE



Santa Caterina e Rio Grande del sud sono gli Stati più meridionali della grande confederazione brasiliana. Al di la dei confini nazionali Cervantes prende il posto di Camoes e inizia l’area di influenza ispanica come stabilito dal trattato Tordesillas del 1494. Il Brasile da cartolina, quello dominato dall’influenza Carioca e Paulista qui è lontanissimo e non è una semplice distanza chilometrica ma anche umana, sociale e culturale. Nel “decennio eroico” 1835-1845 i territori del sud si ribellarono allo stato centrale con quella che è passata alla storia come “Rivoluzione farroupilha” derivante dal termine spregiativo “farrapos”, ovvero straccioni, come venivano definiti dai soldati dell’Impero Brasiliano gli abitanti di quei luoghi. I due più importanti comandanti degli eserciti ribelli furono Bento Goncalves e l’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi, che di li a poco sarebbe rientrato in Italia per combattere nelle nostre guerre di indipendenza. Alla fine i farrapos vennero sconfitti, il governo centrale riprese il controllo politico del territorio, ma l’orgoglio gaucho di queste terre non si è mai spento. Ai due condottieri sono stati dedicati i nomi di due città e nel settembre di ogni anno viene celebrata la “settimana farroupilha” per  ricordare le gesta del decennio eroico. Il sud del Brasile ha una orografia comune a molti paesaggi europei e anche il clima è abbastanza simile. Le condizioni climatiche ne fanno il granaio del Brasile e non c’è da stupirsi che negli ultimi decenni del  1800 questa regione sia stata interessata da una intensa immigrazione europea, con tedeschi e italiani che hanno fondato diverse comunità che con il loro sviluppo hanno dato lavoro e benessere a molti di loro. L’immigrazione italiana proveniva principalmente dalle regioni del nord con forte prevalenza veneta e questo ha portato allo sviluppo di un linguaggio parlato del tutto peculiare: un idioma prevalentemente   veneto ma contaminato da quelli degli altri gruppi regionali e dal portoghese parlato in quelle regioni e utilizzato come lingua franca dagli italiani residenti in quei luoghi a partire dal 1875. Per gli immigrati italiani nel sud del Brasile il dialetto veneto è stato l’equivalente del toscano per l’unificazione linguistica della nostra penisola. Come normalmente accade, con il passare del tempo le peculiarità linguistiche dialettali tendono ad essere assimilate dalle culture  dominanti e questo è accaduto anche in questa Nazione-Continente che è il Brasile, nella quale la prevalenza culturale lusofona della classe dirigente è pressoché totale. Di generazione in generazione il veneto brasiliano è stato sempre meno parlato e nel periodo dittatoriale di Getulio Vargas il suo utilizzo è stato addirittura proibito perché ritenuto antipatriottico e questa lingua ha corso il serio rischio di sparire. La resistenza culturale dei discendenti dei primi migranti veneti nel sud del Brasile ha tuttavia dato i suoi insperati frutti e nel 1989 si è svolto il “I Encontro de Escritores em Talian” durante il quale un gruppo di scrittori, linguisti e intellettuali che avevano questa comune ascendenza linguistica hanno codificato tecnicamente questo dialetto dotandolo di regole e strutture grammaticali e coniando il nome con il quale questo linguaggio è oggi conosciuto: TALIAN. In questo modo i discendenti dei migranti del XIX secolo hanno riscoperto le proprie origini e il talian ha iniziato una graduale ascesa al rango di “lingua nobile”, quella che da il senso di appartenenza,  per un gruppo non numeroso di brasiliani. Le statistiche parlano di 500.000 persone in 133 città su una popolazione totale di 209 milioni di abitanti. Una minoranza sparuta ma molto attiva, costantemente impegnata a promuovere questa lingua e mantenere ben salde le proprie origini italiane. Si, italiane, perché anche se la lingua parlata è fondamentalmente il veneto e qualche rigurgito autonomista di ispirazione padana è arrivato fin la, i discendenti dei veneti sentono profondamente il legame con l’Italia, le sue tradizioni e la sua cultura e appaiono ben poco interessati alle nostre diatribe da strapaese. Nanetto Pipetta, il giovane emigrato partito da Venezia per far fortuna in America, è il personaggio letterario di riferimento dei veneti riograndensi. Creato negli anni venti dal caixense Aquiles Bernardi,  sembra seguire  il cammino intercontinentale del deamicisiano Marco, protagonista di “Dagli appennini alle ANDE”, solo che per lui il lieto fine non ci sarà. La via dell’emigrazione è fatta di sacrificio, fatica e rinunce, i migranti lo sanno bene e forse per questo per lungo tempo si sono identificati in Nanetto. Il personaggio è stato portato sulle scene dall’attore di teatro Pedro Parenti, una delle voci “classiche” della cultura talian, purtroppo prematuramente scomparso diversi anni fa. Teatro, iniziative culturali e multimediali hanno caratterizzato l’opera degli attivisti del talian e questo incessante lavoro ha portato finalmente, nel 2015, al riconoscimento ufficiale di questa lingua da parte del grande stato multietnico e multiculturale brasiliano, di cui questa comunità è uno dei tanti elementi fondanti. Un cenno particolare merita la città riograndense di Serafina Correa che ha riconosciuto il talian come lingua co-ufficiale accanto al portoghese. Negli ultimi anni sono state fondate diverse riviste che fanno riferimento alla cultura talian, mentre Radio Talian Brasil dalla città di Lajeado diffonde programmi in talian in modulazione di frequenza e sul web. La nostra città ha avuto la sua buona fetta di popolazione emigrata in America Latina tra gli anni 40 e gli anni 60, quindi in molti ricordano sulla propria pelle la fatica, i sacrifici e il dolore derivanti da questa scelta determinata dallo stato di necessità. Proprio per questo siamo in grado di comprendere questo pervicace attaccamento alle proprie radici e l’orgoglio di appartenere a una cultura nobile e antica pur essendo ormai italiani del nuovo mondo.

Monday, March 01, 2021

ANAGNI E DANTE

Questo è il secondo appuntamento dantesco per Radio Hernica dopo il video dedicato allo schiaffo di Anagni. I versi del XX canto del Purgatorio che Dante riserva alla vicenda dello schiaffo e quindi alla nostra città sono di gran lunga i più conosciuti, ma il sommo poeta cita per la seconda volta Anagni anche nel XXX canto del Paradiso e protagonista è ancora una volta Bonifacio VIII che con l'infamante accusa di simonia viene letteralmente spedito all'inferno insieme a Nicolò III (della famiglia degli Orsini) che nel canto XIX dell'Inferno ne ha già predetto tal sorte. Vi invitiamo a vedere e condividere il video con i versi danteschi letti da Daniela Pesoli.

PERCHE' SI COMBATTE IN CONGO ? I NUOVI SCHIAVI DEL COLTAN


 Un modo indiretto per iniziare a capire ciò che accade oggi in Congo è leggere "Cuore di tenebra" di Joseph Conrad. Attraverso le vicende di Kurtz, un agente commerciale al servizio di una potente Compagnia belga, raccontate da Charles Marlow, l’io narrante del romanzo, il lettore viene condotto in uno scenario apocalittico di terrore e morte che accompagnano il business dell'epoca: il commercio di avorio. «He had summed up--he had judged. "The horror!"» Le ultime parole pronunciate da Kurtz sono profetiche: l’orrore in quelle terre non è mai cessato, anzi, l’escalation di sangue e violenza ha portato negli anni a cavallo fra i due secoli a uno dei più grandi genocidi della storia moderna coinvolgendo in due guerre aperte, più un conflitto a “bassa intensità” mai interrotto, oltre 6 milioni di persone. Lo scopo delle guerre è sempre lo stesso: il controllo delle risorse naturali di un territorio grande otto volte l’Italia. Ai tradizionali avorio, oro e diamanti negli ultimi anni si è aggiunto un nuovo elemento raro in quasi tutto il mondo tranne che nella regione del Nord Kivu e zone limitrofe: Il coltan. Da questo mix minerale composto da columbite e tantalite si ricava, dopo un relativamente semplice processo chimico, il tantalio puro utilizzato nella componentistica elettronica di tutti i dispositivi multimediali di comune utilizzo: cellulari, PC, lettori DVD, ecc. Considerata la crescente richiesta e la rarità del minerale, è evidente la concentrazione di interessi per questa regione che da sola dispone dell’80% delle riserve mondiali. Un chilo di coltan è arrivato a costare, nel periodo della seconda guerra congolese, circa 600 dollari, per assestarsi al valore attuale di 150-200 dollari. Montagne di denaro e guadagni immensi generati da uno sfruttamento indiscriminato del lavoro manuale, soprattutto minorile. Nelle miniere a cielo aperto si muore in continuazione: fatica, malattie e intossicazioni derivanti dalla manipolazione del minerale senza alcuna protezione, falcidiano i lavoranti, veri e propri schiavi del XXI secolo le cui condizioni di vita non differiscono di molto da quelle descritte da Conrad oltre un secolo fa. Le milizie armate che scorrazzano dall’una all’altra parte degli evanescenti confini internazionali tra Congo, Uganda, Rwanda e Burundi controllano e si contendono lo sfruttamento di questa ricchezza e già che ci sono hanno messo su anche una fiorente industria dei rapimenti, giusto per arrotondare. Insomma, in tutto questo di etico c’è poco o nulla. In questa bolgia infernale ONG, missionari, tra i quali i Caracciolini, e varie missioni delle Nazioni Unite, cercano di dare assistenza e un barlume di speranza alle popolazioni locali e spesso sono le persone di buona volontà come l’ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci e il loro autista Milambo a farne le spese. Le risorse messe in campo sono talmente sbilanciate che è possibile fare ben poco. E tutto questo per il superiore interesse di avere a disposizione uno smartphone leggerissimo, velocissimo, che ci consente di condividere la ricetta dei ravioli con spinaci in un millisecondo e che regge la carica almeno per una settimana.